studi storici sulle trasformazioni della chiesa e del convento della rocca a cento

Gli studi archivistici e documentari sulla Chiesa e il Convento della Rocca, sintetizzati in una Relazione storica finale, sono condotti nell’ambito del processo di conoscenza alla base del progetto di riparazione e recupero successivo al sisma del 2012, definito in contemporanea allo svolgimento delle ricerche.

Il complesso edilizio dei Cappuccini si ritrova all’interno del centro storico murato di Cento in stretta prossimità della fortificazione della Rocca, una delle principali emergenze monumentali urbane, edificata dai Bolognesi attorno all’ultimo decennio del XIV secolo. Il Convento, insediato a Cento negli ultimi anni del XVI secolo in un diverso sito, con i provvedimenti napoleonici del 1805 subisce la confisca e la distruzione; il nuovo complesso trova collocazione definitiva solo alla metà del XIX secolo nell’area della Rocca, dove sorgeva la Chiesa della Madonna della Pioggia e il convento dei Canonici Lateranensi.

Gli studi storici si dedicano alla ricostruzione delle trasformazioni della chiesa e del convento e sono condotti, a seguito della lettura della bibliografia disponibile e di sopralluoghi mirati, attraverso ricerche bibliografiche, documentarie, iconografiche nei principali archivi di riferimento (Archivio Frati Cappuccini Provincia di Bologna, Archivio storico comunale di Cento, Archivio del Convento). I diversi documenti e testi ritrovati negli archivi vanno dagli inizi del XVII secolo alla fine del XX e consistono in manoscritti, raccolte ed epistolari, testi a stampa, cartografie, disegni originali inediti

la microzonazione sismica e le condizioni limite nella prevenzione urbanistica del rischio

La pubblicazione è contenuta nel n. 130 di Urbanistica Dossier (INU Edizioni) e sintetizza alcuni risultati raggiunti all’interno del progetto di ricerca Urbisit condotto in collaborazione tra Consiglio nazionale delle ricerche – Istituto di geologia ambientale e geoingegneria e Dipartimento della protezione civile (CNR IGAG – DPC) tra 2010 e 2012


L’articolo tratta delle modalità di utilizzo degli studi di microzonazione negli strumenti di pianificazione locale soffermandosi sul possibile rapporto tra piani urbanistici e analisi della condizione limite per l’emergenza (introdotta dall’Ordinanza 4007/2012 del DPC). Più in generale si discutono le prospettive del concetto di condizione limite per la prevenzione urbanistica del rischio sismico, illustrando la necessità di una maggiore integrazione tra politiche pubbliche e discipline differenti

archeologia e piano urbanistico in “urbanistica” n. 124

L’articolo, pubblicato su “Urbanistica” n. 124/2004, tratta in sintesi i temi poi pubblicati nel libro “Gli spazi dell’archeologia. Temi per il progetto urbanistico” (Officina, Roma 2005).

Trattando di archeologia urbana l’obiettivo non può che essere duplice: la conservazione critica delle tracce del passato e la qualificazione delle città, se si accetta l’idea che l’antico in ambito urbano sia comunque parte della città contemporanea, pur con tutte le sue specificità. La necessità di riconsiderare i consueti modi di procedere mette in discussione le modalità correnti di concepire la tutela, ma anche le discipline progettuali.

L’articolo propone diverse chiavi di lettura e alcuni spunti operativi, argomentando come sia innanzitutto il dialogo tra discipline il fondamento da cui partire, e la conoscenza e la comprensione collettiva delle testimonianze materiali della storia urbana il presupposto più importante per la loro tutela. In questo quadro, il ruolo della pianificazione urbana può essere decisivo, a patto di intraprendere azioni consapevoli del valore dei contesti e del significato culturale e civile di ogni progetto

città, archeologia, piano urbanistico – temi, modelli di intervento e strumenti nella lettura di alcune esperienze recenti

La ricerca ha per oggetto lo studio delle relazioni possibili tra le diverse forme urbane contemporanee e le preesistenze archeologiche e l’analisi delle forme recenti del loro trattamento all’interno degli strumenti di piano, assumendo esplicitamente l’archeologia come tema specifico all’interno del piano urbanistico e come base per il progetto della città.

Nella Parte prima – Archeologia e urbanistica nel processo di stratificazione delle città – sono trattate le diverse forme in cui le preesistenze entrano in relazione alle dinamiche della città contemporanea, ricomponendo in un quadro sistematico le questioni necessarie per la comprensione di queste relazioni: la “natura” delle preesistenze archeologiche; il ruolo della scoperta come dato fondativo condizionante il rapporto con gli usi e le trasformazioni urbane; la trasformabilità delle preesistenze; il ruolo della loro fruizione collettiva, evidenziando i limiti della considerazione separata tra conservazione delle preesistenze da un lato e trasformazione e riqualificazione urbana dall’altro, in termini di obiettivi e di procedure.

Nella Parte seconda– Città e archeologia – le relazioni possibili – si individuano i possibili rapporti tra città e preesistenze archeologiche a scala urbana o locale, e basati sulla considerazione integrata della natura e condizione dei resti e delle forme del contesto urbano. L’individuazione delle differenti situazioni consente di mettere in luce i nodi problematici relativi ai casi specifici. Dato che l’obiettivo comune delle diverse discipline non può che essere duplice, ossia la valorizzazione delle tracce del passato e la qualificazione complessiva delle città, l’attribuzione processuale e dialettica di diversi livelli di trasformabilità dei contesti archeologici non può essere definita in base a considerazioni disciplinari “interne” o come semplice dato di sfondo per dinamiche urbane, ma solo a partire dalla verifica delle relazioni attuali e possibili dei resti con le differenti forme urbane contemporanee.

La rassegna critica di casi di studio nella Parte terza – “Città archeologiche” e piano urbanistico: alcuni casi esemplificativi – riguarda diverse esperienze fondate sull’assunzione esplicita del tema archeologico all’interno del piano. La scelta rappresenta diversi tipi di “città archeologiche”: grandi città (Siracusa, Napoli) significative sia per la commistione tra città e archeologia che per le previsioni dei nuovi strumenti di piano; città di media dimensione (Cesena, Faenza, Forlì, Modena) analizzate per i rapporti tra conoscenze archeologiche e strumenti di piano; città medio-piccole (Aquileia, Pozzuoli) rappresentative di situazioni procedurali ricorrenti; alcuni riferimenti europei (Atene, Tarragona, Cordoba). Si arriva così alla ricomposizione di un quadro sinottico delineato sulla base di indicatori comuni attraverso cui sono individuate le specificità dei singoli contesti in termini di temi, modelli di intervento e strumenti progettuali.

Come luogo di massima concentrazione di contraddizioni e potenzialità nel rapporto tra città e archeologia nella Parte quarta viene affrontato Il caso di Roma come nodo critico, ricostruendo come le preesistenze archeologiche sono entrate all’interno degli strumenti di pianificazione recenti.

L’analisi è affrontata attraverso l’esame del rapporto tra conoscenze archeologiche e piano, l’articolazione della normativa, le previsioni progettuali, le modalità di trattamento delle preesistenze nei processi di trasformazione, l’esame delle iniziative degli enti di tutela e delle loro relazioni con gli strumenti di piano. Si propone inoltre una lettura delle situazioni archeologiche locali in prevalenza concentrata sulle aree periferiche, con particolare attenzione alla visibilità, all’accessibilità, agli usi pianificati e spontanei. Sono evidenziati i possibili temi emergenti dalle recenti vicende urbanistiche, di cui si mettono in rilievo gli elementi di interesse derivanti dalle particolari procedure recenti proponendone un possibile sviluppo progettuale.

Nelle Conclusioni emerge la necessità di considerare le trasformazioni urbane come occasioni di valorizzazione delle preesistenze, e l’archeologia come elemento qualificante delle trasformazioni e “materiale” per il progetto di città. Si rende manifesta l’urgenza di integrare le conoscenze archeologiche all’interno degli strumenti di pianificazione urbana; il ruolo operativo fondamentale della individuazione dei contesti archeologici locali come atto progettuale interdisciplinare; l’importanza dei sondaggi preventivi a scala urbana e locale; la necessità di valutazioni di rischio archeologico come occasione di contatto tra discipline ed enti diversi. In sostanza, nei contesti urbani “a base archeologica” appare indispensabile la definizione di un progetto per l’archeologia come progetto culturale e componente fondativo dei progetti e dei piani urbanistici

urbanistica quaderni n. 6 – piani regolatori italiani del novecento. immagini e didascalie storico critiche

Nel 1995, in occasione di una fase rilevante del dibattito sulla riforma della pianificazione comunale in Italia,
stagione che porterà alla revisione di molte leggi urbanistiche
regionali e alla distinzione tra piani strutturali e piani operativi, l’Istituto nazionale di urbanistica (INU) promuove la pubblicazione di un volume che illustra la storia della legislazione urbanistica e le discussioni in
corso (Urbanistica Quaderni n. 6).

Il volume si struttura riportando
documenti e interventi attraverso cui si delineano i principi e le regole per la proposta di nuova
legilazione urbanistica, dalle discussioni degli anni Trenta agli interventi più recenti.
All’interno del volume si richiede di inserire alcune illustrazioni dedicate ai principali piani regolatori italiani
dagli anni trenta agli anni novanta, corredate da testi sintetici.


Per rispondere a questa richiesta, la ricerca si è svolta attraverso la selezione delle principali esperienze di pianificazione urbana, il
reperimento dei materiali iconografici nell’archivio dell’Inu e della rivista “Urbanistica”, la redazione
di didascalie storico-critiche.

In particolare i testi riguardano ventiquattro piani: Roma 1931 (pag. 12); Milano 1934 (pag. 13);
Sabaudia 1934 (pag. 15); Bergamo Alta 1934 (pag. 16); Napoli 1939 (pag. 18-19); Ivrea 1952 (pag.
26); Milano 1953 (pag. 28); Verona 1954 (pag. 33); Padova 1954 (pag. 37); Matera 1955 (pag. 39);
Siena 1956 (pag. 50); Siracusa 1956 (pag. 80); Perugia 1956 (pag. 93); Napoli 1958 (pag. 96-97);
Assisi 1958 (pag. 99); Firenze 1962 (pag. 118-119); Roma 1962 (pag. 120); Urbino 1964 (pag.
123); Bergamo 1969 (pag. 124-pag. 125); Pavia 1976 (pag. 131); Siena 1990 (pag. 148); Ravenna
1993 (pag. 150); Bergamo 1994 (pag. 153); Torino 1994 (pag. 154)

Attraverso la sequenza delle illustrazioni e delle didascalie si ripercorrono le diverse stagioni
dell’urbanistica italiana, almeno per quanto è possibile leggerne attraverso l’evoluzione della
strumentazione per i piani comunali, i temi prevalenti, i linguaggi tecnici più diffusi nei diversi
periodi

gli spazi dell’archeologia. temi per il progetto urbanistico

In un contesto come quello italiano una riflessione sul rapporto tra architettura, città e archeologia
rappresenta un momento spesso inevitabile in ogni tipo di percorso progettuale, di qualsiasi natura
e scala: dal progetto di architettura ai progetti urbani e ai piani urbanistici.

Un insieme di convinzioni consolidate influenza spesso il dibattito sui rapporti tra archeologia e
piano urbanistico. Una in particolare: che le difficoltà di trattare il tema in termini urbanistici siano
di natura procedurale, e derivino solo da un diffuso atteggiamento di chiusura degli enti di tutela nei
confronti delle trasformazioni urbane.
L’insidia annidata in convinzioni del genere deriva dalla loro parziale verità. Che sussistano difficoltà
oggettive di dialogo tra diverse discipline, interessi legittimi ed istituzioni, è una constatazione
incontestabile. Ma è proprio la frequente considerazione separata della tutela da un lato e della
trasformazione urbana dall’altro ad essere tra le principali ragioni dei contrasti. Per questo è
necessario riconoscere l’inadeguatezza di una visione monodisciplinare, e la natura culturale,
prima ancora che tecnico-procedurale, dei limiti da superare.
L’obiettivo delle diverse discipline non può che essere duplice: la valorizzazione delle tracce del
passato e la qualificazione delle città. Dunque la necessità di riconsiderare i consueti modi di
procedere mette in discussione le modalità correnti di concepire la tutela, ma anche le discipline
progettuali ed in particolare l’urbanistica, rifiutando la contrazione delle possibilità di scelta ai due
filoni di comportamento più diffusi, quelli della insensibile rimozione del tema o dell’abbandono del
campo, per decenni l’unico riferimento nella definizione del rapporto tra archeologia e città.

Abbandonando l’idea che le trasformazioni dei contesti archeologici possano essere definite
solamente in base a considerazioni disciplinari “interne” o come semplice dato di sfondo per
dinamiche urbane ignare dei valori dei luoghi, non è possibile prescindere da una verifica mirata
delle relazioni attuali e possibili dei resti con le differenti forme urbane contemporanee.
Per questo è indispensabile individuare ambiti urbani distinti in base alla condizione dei resti e alle
forme del contesto insediativo; i diversi “contesti archeologici urbani”. La loro identificazione può
divenire la base per la definizione di temi, modelli di intervento e strumenti progettuali specifici,
avviando una sperimentazione di nuove forme di costruzione dei progetti urbanistici.

Si delinea in sostanza un preciso programma di ricerca progettuale. Il punto di partenza è
costituito dall’individuazione delle diverse situazioni, in base alle caratteristiche delle permanenze
archeologiche, alla configurazione del contesto urbano, alle previsioni di piano. Nel loro insieme
queste operazioni delineano le condizioni minime di un processo, interlocutorio e condiviso, per
assumere le tracce del passato come elemento ordinatore delle trasformazioni urbane. Un progetto
di conoscenza, quindi, da porre alla base del più generale progetto di città

Le parti del volume:

1. Archeologia e urbanistica nel processo di trasformazione delle città

2. Città e archeologia: una nuova lettura

3. CIttà archeologiche e piano urbanistico: alcuni esempi

4. Il caso di Roma come nodo critico

5. Ripartire dalla città. Gli spazi dell’archeologia nel progetto urbanistico

Appendice: le schede di analisi dei casi di studio (Napoli, Siracusa, Cesenza, Faenza, Forlì, Modena, Aquileia, Pozzuoli, Atene, Tarragona, Cordoba)

Allegati

A1. Eventi, progetti, scoperte: le discussioni su archeologia e città a Roma

A2. Registro degli articoli dei quotidiani riguardanti l’archeologia a Roma (1999-2001)

A3. Schede di analisi di alcune delle principali aree archeologiche di Roma

l’isolato nel progetto della città. una prima lettura

La ricerca pubblicata nel libro “la città compatta” studia l’edificazione a blocco come unità elementare della città europea, dalla formazione dei tessuti edilizi tradizionali fino alla sperimentazione contemporanea sull’isolato residenziale.
Il contributo alla ricerca nel testo “l’isolato nel progetto della città” parte da un assunto di fondo: Il tema dell’isolato si pone oggi esplicitamente solo quando esiste una forma di rapporto con la pianificazione urbana, in un quadro in cui la città compatta leggibile per isolati rappresenta solo una delle forme urbane. Assumendo un punto di vista urbanistico sull’isolato lo sguardo è rivolto a diverse scale, dove morfologie, funzioni e modi d’uso sono considerati assieme, e hanno senso solo se visti nelle loro interazioni nel processo che ne consente la realizzazione