Il rischio sismico non può essere affrontato solo come un tema specialistico, anche se richiede conoscenze e competenze specifiche e approfondite. Si tratta di un tema che impone il confronto e il dialogo tra diverse discipline e settori e la capacità di definire linee di azione in grado di radicarsi nelle pratiche concrete di trasformazione urbana e territoriale, superando la centralità dell’emergenza a favore di una attività di prevenzione.
Le due giornate di formazione sul rischio sismico all’interno del Master Urbam dell’Università Sapienza di Roma sono pensate per offrire una occasione di confronto tra esperti nel campo della geologia, dell’ingegneria strutturale e geotecnica, del restauro e recupero del costruito storico, dell’urbanistica e della pianificazione, assieme a rappresentanti delle istituzioni e delle amministrazioni pubbliche.
Oltre a trattare temi specifici (la microzonazione, la normativa tecnica per le costruzioni, il comportamento sismico di terreni, edifici e aggregati edilizi storici, le conoscenze e gli strumenti per la valutazione e la prevenzione del rischio sismico a scala urbana) sono presentate letture critiche di esperienze di ricerca e ricostruzione post-sismica, come base per impostare con maggiore consapevolezza azioni di prevenzione in contesti di particolare complessità come gli insediamenti storici.
Il corso è stato accreditato sia per architetti che per geologi dai rispettivi ordini professionali e ha visto la partecipazione di docenti, professionisti, studenti appartenenti alle diverse categorie provenienti dal mondo dell’architettura e pianificazione, ingegneria strutturale, geologia
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la microzonazione sismica e le condizioni limite nella prevenzione urbanistica del rischio
La pubblicazione è contenuta nel n. 130 di Urbanistica Dossier (INU Edizioni) e sintetizza alcuni risultati raggiunti all’interno del progetto di ricerca Urbisit condotto in collaborazione tra Consiglio nazionale delle ricerche – Istituto di geologia ambientale e geoingegneria e Dipartimento della protezione civile (CNR IGAG – DPC) tra 2010 e 2012
L’articolo tratta delle modalità di utilizzo degli studi di microzonazione negli strumenti di pianificazione locale soffermandosi sul possibile rapporto tra piani urbanistici e analisi della condizione limite per l’emergenza (introdotta dall’Ordinanza 4007/2012 del DPC). Più in generale si discutono le prospettive del concetto di condizione limite per la prevenzione urbanistica del rischio sismico, illustrando la necessità di una maggiore integrazione tra politiche pubbliche e discipline differenti
strumenti di indirizzo per l’applicazione della normativa sismica agli insediamenti storici
Lo Studio costituisce il risultato della prima fase dell’attività svolta da un Gruppo di
lavoro multidisciplinare, istituito presso il Consiglio Superiore dei Lavori pubblici nel 2010, volto a trattare le diverse questioni connesse all’applicazione della normativa sismica negli insediamenti storici. Lo Studio è incentrato sul rapporto tra l’esigenza della conservazione dell’originario tessuto urbano degli insediamenti storici e la necessità di conseguire
adeguati livelli di sicurezza nei confronti delle azioni sismiche.
L’attività del Gruppo di Lavoro si basa su di un metodo sistemico per la valutazione del rischio sismico a scala urbana, che ha comportato l’introduzione di principi e categorie applicabili all’ambito urbanistico a partire delle
categorie utilizzate nelle Norme tecniche per le costruzioni 2008.
Lo Studio è finalizzato a promuovere politiche di prevenzione sismica
per gli insediamenti storici come
componente vitale dei centri urbani
città, archeologia, piano urbanistico – temi, modelli di intervento e strumenti nella lettura di alcune esperienze recenti
La ricerca ha per oggetto lo studio delle relazioni possibili tra le diverse forme urbane contemporanee e le preesistenze archeologiche e l’analisi delle forme recenti del loro trattamento all’interno degli strumenti di piano, assumendo esplicitamente l’archeologia come tema specifico all’interno del piano urbanistico e come base per il progetto della città.
Nella Parte prima – Archeologia e urbanistica nel processo di stratificazione delle città – sono trattate le diverse forme in cui le preesistenze entrano in relazione alle dinamiche della città contemporanea, ricomponendo in un quadro sistematico le questioni necessarie per la comprensione di queste relazioni: la “natura” delle preesistenze archeologiche; il ruolo della scoperta come dato fondativo condizionante il rapporto con gli usi e le trasformazioni urbane; la trasformabilità delle preesistenze; il ruolo della loro fruizione collettiva, evidenziando i limiti della considerazione separata tra conservazione delle preesistenze da un lato e trasformazione e riqualificazione urbana dall’altro, in termini di obiettivi e di procedure.
Nella Parte seconda– Città e archeologia – le relazioni possibili – si individuano i possibili rapporti tra città e preesistenze archeologiche a scala urbana o locale, e basati sulla considerazione integrata della natura e condizione dei resti e delle forme del contesto urbano. L’individuazione delle differenti situazioni consente di mettere in luce i nodi problematici relativi ai casi specifici. Dato che l’obiettivo comune delle diverse discipline non può che essere duplice, ossia la valorizzazione delle tracce del passato e la qualificazione complessiva delle città, l’attribuzione processuale e dialettica di diversi livelli di trasformabilità dei contesti archeologici non può essere definita in base a considerazioni disciplinari “interne” o come semplice dato di sfondo per dinamiche urbane, ma solo a partire dalla verifica delle relazioni attuali e possibili dei resti con le differenti forme urbane contemporanee.
La rassegna critica di casi di studio nella Parte terza – “Città archeologiche” e piano urbanistico: alcuni casi esemplificativi – riguarda diverse esperienze fondate sull’assunzione esplicita del tema archeologico all’interno del piano. La scelta rappresenta diversi tipi di “città archeologiche”: grandi città (Siracusa, Napoli) significative sia per la commistione tra città e archeologia che per le previsioni dei nuovi strumenti di piano; città di media dimensione (Cesena, Faenza, Forlì, Modena) analizzate per i rapporti tra conoscenze archeologiche e strumenti di piano; città medio-piccole (Aquileia, Pozzuoli) rappresentative di situazioni procedurali ricorrenti; alcuni riferimenti europei (Atene, Tarragona, Cordoba). Si arriva così alla ricomposizione di un quadro sinottico delineato sulla base di indicatori comuni attraverso cui sono individuate le specificità dei singoli contesti in termini di temi, modelli di intervento e strumenti progettuali.
Come luogo di massima concentrazione di contraddizioni e potenzialità nel rapporto tra città e archeologia nella Parte quarta viene affrontato Il caso di Roma come nodo critico, ricostruendo come le preesistenze archeologiche sono entrate all’interno degli strumenti di pianificazione recenti.
L’analisi è affrontata attraverso l’esame del rapporto tra conoscenze archeologiche e piano, l’articolazione della normativa, le previsioni progettuali, le modalità di trattamento delle preesistenze nei processi di trasformazione, l’esame delle iniziative degli enti di tutela e delle loro relazioni con gli strumenti di piano. Si propone inoltre una lettura delle situazioni archeologiche locali in prevalenza concentrata sulle aree periferiche, con particolare attenzione alla visibilità, all’accessibilità, agli usi pianificati e spontanei. Sono evidenziati i possibili temi emergenti dalle recenti vicende urbanistiche, di cui si mettono in rilievo gli elementi di interesse derivanti dalle particolari procedure recenti proponendone un possibile sviluppo progettuale.
Nelle Conclusioni emerge la necessità di considerare le trasformazioni urbane come occasioni di valorizzazione delle preesistenze, e l’archeologia come elemento qualificante delle trasformazioni e “materiale” per il progetto di città. Si rende manifesta l’urgenza di integrare le conoscenze archeologiche all’interno degli strumenti di pianificazione urbana; il ruolo operativo fondamentale della individuazione dei contesti archeologici locali come atto progettuale interdisciplinare; l’importanza dei sondaggi preventivi a scala urbana e locale; la necessità di valutazioni di rischio archeologico come occasione di contatto tra discipline ed enti diversi. In sostanza, nei contesti urbani “a base archeologica” appare indispensabile la definizione di un progetto per l’archeologia come progetto culturale e componente fondativo dei progetti e dei piani urbanistici
studi per il progetto del museo dei fori imperiali
Il progetto è formulato all’interno del corso di Progettazione urbana tenuto da Raffaele Panella.
Sulla base dello studio dell’assetto dell’area dei Fori imperiali a Roma precedente alle demolizioni
del 1932, in seguito alle quali viene aperta via dell’Impero (ora via dei Fori imperiali), il corso
propone il tema della risarcitura dello scavo della collina Velia, un tempo posizionata tra la Basilica
di Massenzio e la Villa Silvestri-Rivaldi, attraverso la creazione di un museo archeologico.
Il progetto prende le mosse dalla ricognizione delle conoscenze storico-archeologiche – precedenti
la campagna di scavi al Foro di Nerva, di Traiano e del Templum Pacis condotta dal 1996 – e
dall’assunzione delle direzioni principali del luogo, definite dalle preesistenze; tra cui anche alcuni
tracciati moderni, come la giacitura di via dei Fori, che assume un nuovo ruolo.
L’impostazione generale parte dalla creazione di un sistema di spazi aperti, su più livelli e di diversi
connotati addensati attorno al vuoto, ristretto ma non colmato, tra il Tempio di Venere e Roma e la
Villa Rivaldi.
La nuova architettura, disposta in gran parte in ambienti ipogei o se in superficie al disotto delle
preesistenze storiche, è concepita come un grande “muro di sostegno”, una struttura composita
che non cerca di riproporre un dato assetto preesistente ma riconnette i frammenti e le maggiori
testimonianze deformandosi e differenziandosi secondo le peculiarità dei singoli luoghi.
In corrispondenza della sostruzione del Tempio di Venere e Roma, il cui fianco sulla via dei Fori
è scandito dal ritmo regolare delle colonne residue, l’ala antistante del nuovo museo assume un
andamento altrettanto regolare, costituendone una sorta di “base”.
Dall’altro lato, verso la Villa, in prosecuzione del muro di sostegno del Munoz, articolato in nicchie e edicole, una serie di aule e di
anditi si alterna, schermato da un muro volutamente “stratificato” e orientato secondo la Via dei Fori,
creando una successione di spazi concavi e convessi (sale espositive e relativi vestiboli) in analogia
non letterale con il muro esistente. Davanti alla Basilica di Massenzio, infine, il cui abside costituisce
l’episodio più significativo del percorso, gli edifici si ritraggono per circondarlo, valorizzandone la
forma circolare con la realizzazione di una corte porticata.
I tre corpi principali, separati in superficie, sono riconnessi al livello ipogeo da un grande vuoto
centrale, accessibile tramite un volume concavo in cui trovano posto le scale e le rampe, perno
della composizione
gli spazi dell’archeologia. lezione al master “architettura per l’archeologia – archeologia per l’architettura”
La lezione del 10 maggio 2012 nel master “Archeologia per l’architettura – architettura per l’archeologia” dell’Università di Roma La Sapienza illustra la ricerca di dottorato confluita nel libro “Gli spazi dell’archeologia. Temi per il progetto urbanistico” (Officina, Roma 2005). L’espressione “spazi dell’archeologia” indica sia le aree archeologiche – testimonianza dell’antico ma allo stesso tempo spazi della città contemporanea – sia il ruolo dell’archeologia nei processi di trasformazione urbana e nei progetti urbanistici.
Per una rispettiva qualificazione tra testimonianze archeologiche e contesti urbani è necessario valutare le reciproche relazioni nelle specifiche condizioni di ogni luogo, e impostare un dialogo serrato tra diverse discipline, con l’obiettivo di favorire una maggiore consapevolezza e conoscenza collettiva della storia urbana.
ristrutturazione casa AC
L’intervento ha riguardato la risistemazione di un appartamento di circa 60 mq al settimo piano
prossimo all’area centrale di Roma, all’interno di un fabbricato della fine degli anni venti del
Novecento. Nello stato precedente ai lavori l’impianto era basato su un corridoio perimetrale e diversi
ambienti (due stanze, cucina, servizi) aperti a sud est sulla terrazza.
Il progetto ha reimpostato l’impianto privilegiando gli
ambienti di uso collettivo, riducendo al massimo gli spazi di disimpegno. La casa è suddivisa in due
metà: la prima dedicata agli spazi di soggiorno, la seconda alla zona notte e ai servizi. L’ingresso, il
soggiorno e la cucina formano un ambito in cui i diversi spazi, autonomi e separabili, sono
in stretta connessione. La stanza principale possiede una cabina armadio e un bagno privato.
Il volume della cucina è trattato come un grande mobile: la parete è segnata da fasce scanalate
e dipinta di grigio; leggermente sollevata da terra, si ferma ad una quota inferiore al soffitto del
soggiorno. Le diverse quote sono segnate da illuminazioni continue.
Per ottenere una maggiore fruibilità, la parete della cucina verso il soggiorno –
trattato come una finestra interna – ospita un tavolo per sei persone completamente retrattile che,
da chiuso, non si distingue dalla parete, rientrando al suo interno.
Anche per le dimensioni limitate dell’appartamento i materiali e i colori prescelti sono semplici e in
numero ridotto: soffitti e pareti ad intonaco bianco (eccetto la
cucina), porte lineari non modanate in legno bianco, parquet a tinte scure, elementi
metallici color antracite. Gli arredi fissi segnano l’impostazione lineare del progetto e sono trattati
come estensioni o articolazioni di pareti e pavimento.
La terrazza è stata ripavimentata con parquet da esterni e dotata di un pergolato con tenda retrattile
nella porzione di parete a contatto con il soggiorno.
ristrutturazione casa MM
L’edificio da ristrutturare, costruito negli anni venti del Novecento nella prima periferia nord-est di
Roma, è composto da un primo nucleo in muratura di mattoni non intonacata con seminterrato
e due livelli fuori terra coperto da tetto a padiglione, cui si addossa una serie di corpi di fabbrica
successivi realizzati negli anni settanta e ottanta in maniera episodica, non integrati con l’edificio
preesistente.
Il progetto si basa sulla richiesta di realizzare appartamenti utilizzabili anche in maniera autonoma
ai diversi livelli, integrando in un insieme organico le aggiunte successive, sia dal punto di vista
strutturale che architettonico e figurativo.
Oltre alla riorganizzazione distributiva e alle necessarie opere di risanamento, consolidamento e
miglioramento sismico, le principali operazioni si concentrano Il volume della scala, sul fronte verso
il giardino: la scala assume il ruolo di perno della riconfigurazione dei volumi esistenti, coperti a terrazza
e aperti verso l’area verde di pertinenza e definiti da elementi vetrati e pensiline aggettanti.
Attraverso la ridefinizione dei volumi e l’alternanza di materiali si ricerca da un lato la riconoscibilità
delle aggiunte e dall’altro una migliore integrazione con l’edificio originario, trattato come un volume
da recuperare con interventi minimi di impronta conservativa.
Assieme agli interventi sull’edificio, le aree esterne sono risistemate con il ridisegno dei percorsi in
maniera tale da consentire ambiti distinti e modalità d’uso differenziate per i diversi livelli.
progetto preliminare di recupero e riqualificazione della villa strohl-fern
L’incarico si muove nei margini definiti dalla Convenzione tra lo Stato italiano e lo Stato francese del 2005 sull’utilizzo di Villa Strohl-Fern, accordo che determina le azioni per la riqualificazione ambientale e paesistica del parco, il
mantenimento delle attività scolastiche e la promozione di iniziative e progetti culturali congiunti.
La condizione di villa storica, le attività ospitate e le relazioni con il contesto ne definiscono un
ruolo urbano di grande rilevanza. La Villa richiede un intervento organico e
sistematico di recupero sia sugli spazi aperti che sulle strutture edificate, e la promozione di una
fruizione culturale compatibile con il suo valore storico, ambientale e urbano.
Il progetto preliminare di recupero è organizzato secondo diverse elaborazioni: inquadramento urbano
e rilievo dell’assetto attuale; studi storico-paesistici e ricostruzione delle trasformazioni storiche;
studi naturalistici e individuazione delle aree di maggior valore e di degrado; rilievi degli edifici,
ricostruzione delle trasformazioni e verifica rispetto alle normative vigenti; lettura
delle previsioni urbanistiche; individuazione delle azioni per la riqualificazione, delle previsioni di
assetto, delle categorie di intervento, degli approfondimenti necessari.
Il progetto prende in esame sia gli spazi aperti che i percorsi e il costruito in un insieme sistematico
di azioni e interventi di tutela e riqualificazione:
1. le aree libere sono soggette a modificazioni nulle o minime; modeste trasformazioni sono previste
per interventi di ripristino o per situazioni già compromesse da riconfigurare;
2. le diverse aree sono soggette a fruzione differenziata a seconda delle diverse suscettibilità. In particolare, le aree a nord verso Villa Giulia sono soggette a visite al patrimonio naturalistico e archeologico secondo le indicazioni della Soprintendenza;
3. gli interventi sugli edifici e le categorie di intervento sono definiti con il duplice scopo di concorrere
al recupero dell’assetto storico, eliminando le trasformazioni successive incongrue, e alla riqualificazione dell’edificato per garantire la corretta funzionalità delle attività scolastiche
4. a seconda dei valori riscontrati sono previste diverse categorie di intervento sugli edifici; dal restauro
conservativo, agli adeguamenti funzionali, alle riconfigurazioni e ristrutturazioni, alle demolizioni e
ricostruzioni, alle demolizioni senza ricostruzione (nei casi di strutture edificate degradate e non utilizzate); non sono consentiti aumenti di volume;
5. le percorrenze interne sono ridefinite come assi pedonali, e carrabili solo per ragioni di servizio o
di emergenza; i percorsi interni sono riconfigurati secondo la pavimentazione originaria.
Il progetto preliminare è definito seguendo le indicazioni degli Enti di tutela e l’esito dei colloqui intercorsi tra la Committenza, i rappresentanti delle istituzioni comunali e statali coinvolte e il gruppo di progettisti.
Negli anni successivi alla consegna il progetto viene sviluppato anche a scala edilizia con altri progettisti secondo nuove determinazioni della Committenza, modificando le indicazioni del progetto preliminare
indirizzi e criteri per la microzonazione sismica nella pianificazione
La ricerca si inserisce nel filone degli studi geologici e urbanistici iniziato con la pubblicazione degli Indirizzi e criteri per la microzonazione sismica (Dipartimento della protezione civile – Conferenza delle Regioni 2008). L’attività è finalizzata alla predisposizione di linee guida per l’utilizzazione della MS nella pianificazione urbanistica comunale.
Attraverso il confronto tra studi di MS, situazioni insediative e previsioni di piano, le attività sono finalizzate a predisporre una procedura di riferimento, generale e applicabile a diversi contesti con pochi adattamenti, in grado di assorbire diversi livelli di approfondimento e tale da fornire un supporto alle decisioni localizzative e all’individuazione di interventi per la riduzione del rischio sismico.
Tra le principali attività in corso (ricerche CNR – DPC), lo studio delle diverse possibili “condizioni limite” per gli insediamenti urbani in relazione agli eventi sismici e le diverse ricadute sulla pianificazione urbanistica. All’interno di questa ricerca è stata definita la condizione limite per l’emergenza (CLE) e il suo rapporto con gli studi di microzonazione sismica.
Come principale ricaduta delle ricerche in corso, la condizione limite di emergenza è stata recentemente inserita all’interno delle disposizioni normative di incentivazione degli studi di microzonazione sismica e di prevenzione del rischio sismico (OPCM 4007/2012)